L’adesione dell’Italia al sistema Schengen ha portato al processo di adeguamento della legislazione italiana a quella europea.
Una vasta formazione di aree comuni ispira questo sistema uniformemente condiviso dalla maggior parte dei paesi europei.
È qui che si realizza la libera circolazione dei cittadini europei e degli stranieri dopo l’accordo di Schengen che prevede la demolizione delle frontiere interne e il rafforzamento di quelle esterne.
I cittadini stranieri che intendono entrare in Italia da fuori area Schengen possono farlo solo in alcuni casi.
Queste condizioni sono in ogni caso essenziali. Se non li osservi, ti negano l’accesso, anche se sei titolare di un regolare visto di ingresso o di transito.
In primo luogo, gli stranieri provenienti da un Paese al di fuori degli accordi di Schengen devono presentarsi a un “valico di frontiera“.
Quindi, devono possedere un passaporto valido o altro documento di viaggio equivalente riconosciuto dal governo italiano per l’attraversamento del confine.
In casi eccezionali, le rappresentanze italiane possono concedere agli stranieri un “pass“, valido solo per l’ingresso in Italia.
Gli stranieri devono dimostrare lo scopo e le condizioni del soggiorno con idonea documentazione, disporre di denaro sufficiente in proporzione allo scopo e alla durata del soggiorno e disporre di denaro sufficiente per tornare nel Paese di origine o di transito.
Chi entra per lavoro non è tenuto ad osservare gli obblighi appena citati.
Sarà consentito l’ingresso ai possessori di titolo di ingresso o di transito valido nei casi espressamente previsti dalla legge.
Coloro che sono già in possesso di regolare permesso di soggiorno ottenuto in uno dei Paesi dell’area Schengen non devono richiedere nuovo permesso se la permanenza in Italia non supera i tre mesi.
Inoltre, gli stranieri non devono risultare denunciati dalle autorità per impedire l’ingresso in Italia.
Non devono essere stati considerati pericolosi né per l’ordine pubblico, né per la sicurezza nazionale, né per i Paesi con cui l’Italia ha stipulato accordi per l’abolizione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone.
Lo straniero deve dimostrare di non essere stato né condannato né di aver negoziato un patteggiamento dopo essere stato accusato dei reati di cui all’articolo 380 del codice penale italiano.
Né devono risultare condannati per uno di quei reati che implicano l’ergastolo o una condanna non inferiore a cinque anni e non superiore a venti anni.
Non deve sussistere alcuna condanna per reati in materia di:
droga;
libertà sessuale;
immigrazione clandestina in Italia o dall’Italia all’estero;
prostituzione;
sfruttamento di minori in attività illecite;
violazione del diritto d’autore e contraffazione di marchi o segni distintivi.
Gli stranieri, inoltre, non devono essere stati espulsi e non possono entrare in Italia fino alla scadenza del divieto di reingresso, a partire dal giorno in cui hanno lasciato il territorio nazionale.
In questo caso possono ottenere dal Ministero dell’Interno apposita autorizzazione per esercitare il diritto di difesa in giudizio.
Che cosa succede, allora, se c’è una condanna e si vuole entrare in Italia?
Non si possono respingere automaticamente i cittadini stranieri alla frontiera.
L’Amministrazione deve, in ogni caso, verificare la sopravvenuta estinzione del reato, la riabilitazione dell’autore del reato, ovvero la decadenza automatica della pena negoziata che il Consiglio di Stato italiano ha, da tempo, equiparato alla riabilitazione con la Sentenza n. 3902 del 2008.
In caso contrario negano l’ingresso, ma l’ufficiale preposto deve comunque valutare la “effettiva pericolosità sociale” dell’interessato.
Quando ritieni che il divieto di accesso non sia giusto, puoi impugnarlo davanti al giudice.
Che cosa succede per un soggiorno in Italia superiore ai novanta giorni per qualsiasi motivo?
In questo caso, tutti gli stranieri devono essere muniti di visto di ingresso anche se cittadini di Paesi non soggetti all’obbligo del visto per periodi brevi come sopra indicato.
Questi paesi aderiscono a Schengen, cioè quasi tutti i paesi europei.
Possiamo già escludere l’obbligo del permesso di soggiorno di lungo periodo per il cittadino e i suoi familiari che hanno ottenuto un permesso di soggiorno europeo dallo Stato membro di origine.
Non richiedono visto di ingresso per gli stranieri titolari di permesso di soggiorno per studio rilasciato da un altro Stato membro (esclusi Regno Unito, Irlanda e Danimarca, che non hanno recepito la Direttiva 2004/114/CE).
Ne sono un esempio gli studenti stranieri iscritti ad un corso universitario o ad un istituto di istruzione superiore che intenda completare gli studi o integrarli con un relativo corso di studio in Italia.
Non è necessario un visto d’ingresso per richiedere protezione internazionale o un regime di protezione temporanea.
La libera circolazione nello spazio Schengen è consentita per un soggiorno complessivo inferiore a tre mesi entro un semestre iniziato in uno dei paesi aderenti.
Tuttavia, l’Autorità di Pubblica Sicurezza italiana può richiedere la presentazione del passaporto e la dichiarazione di presenza al fine di verificare la regolarità del soggiorno di durata non superiore a tre mesi per:
- turismo;
- affari;
- visite;
- o studio.
La suddetta Autorità accerta la regolarità del soggiorno mediante il timbro della data apposta sul passaporto dalla Polizia di frontiera italiana o da quella del Paese di origine Schengen al primo ingresso.
Che cosa significa “primo ingresso”?
Per “primo ingresso” si intende non solo il primo ingresso in assoluto ma ogni primo ingresso successivo alla fine di un semestre, calcolato a partire dalla data del primo ingresso precedente, come chiarito dalla Corte di giustizia europea nella sentenza C -241-05.
Che cosa succede se manca il “timbro data” nel passaporto?
Gli stranieri possono dimostrare la data del primo ingresso nell’area Schengen in modo diverso da un timbro sul passaporto.
Supponiamo che l’Autorità di Pubblica Sicurezza verifichi un periodo legittimo inferiore a sei mesi da qualsiasi fonte.
Nel suddetto caso, annota sul passaporto il luogo e la data di attraversamento della frontiera esterna, consegnando allo straniero un modulo contenente le medesime informazioni, ai sensi del Regolamento CE/562/2006.
Che cosa implica la mancanza di regolare documentazione per l’ingresso, unitamente all’assenza del timbro della data sul passaporto?
Questo indurrebbe a presumere l’irregolarità della durata della presenza dello straniero.
Il turista straniero deve fare la dichiarazione di ingresso entro otto giorni lavorativi, a partire dalla data di ogni ingresso.
Il Sistema di Informazione Visti (VIS).
Dal 2008 esiste il sistema d’informazione visti per i controlli standard ai valichi di frontiera.
Per di più, all’interno degli Stati membri, il VIS semplifica la procedura di domanda di ingresso e combattere meglio le frodi attraverso la condivisione dei dati.
Questo sistema permette di standardizzare le procedure degli Stati dell’area Schengen, che si sono dati regole standard per evitare differenziazioni.
Quindi, ad ogni richiesta di ingresso, aprono un file in cui inseriscono, tra l’altro, i dati biometrici.
I dati da inserire nel VIS sono obbligatori e facoltativi per l’Amministrazione.
La legge stabilisce quelli obbligatori e tra questi ci sono:
- le impronte digitali;
- le informazioni sulla destinazione principale;
- e la persona che sosterrà le spese di soggiorno.
Questo articolo è stato pubblicato da “Italynlaw” Studio Legle.
Figura 14: Campanile della chiesa di San Gottardo in Corte in Milano – Lombardia (Italia).
Fonte: “Italynlaw“.
Autore: “Italynlaw“.