LA REVOCA DELLA PATENTE DI GUIDA.

Patente di guida, Mr. Mario Rossi

PERCHE’ ACCADE? COSE DA SAPERE. RIMEDI.

 

                    

L’art. 73 del Codice della Strada prevede che nel caso di guida di un autoveicolo o motoveicolo, senza patente, o dopo che la patente sia stata negata, sospesa o revocata, la pena è dell’arresto da sei mesi a tre anni, qualora si tratti di persona già sottoposta, con provvedimento definitivo, a una misura di prevenzione personale.

In presenza di una misura personale di sorveglianza speciale definitiva il Prefetto può disporre la revoca della patente di guida.

Tale limitazione può derivare dalla valutazione discrezionale del Prefetto sulla base dei precedenti penali dell’interessato e dei tempi che riguardano le recidive e in base ai meccanismi di calcolo dei termini della recidiva.

Su questo primo assunto possiamo basare la convinzione che si tratti di un provvedimento prefettizio di carattere discrezionale.

Quindi non scatta automaticamente alla emissione di una misura di prevenzione personale. A conferma della possibilità, e non al verificarsi automatico, di revoca della patente di guida si è anche pronunciata la Corte Costituzionale italiana con la Sentenza n. 99 del 2020.

Ma l’evenienza della revoca della patente, che è in grado di avere un impatto non indifferente sulla vita quotidiana e persino sulla possibilità di recarsi a lavorare, non può prescindere dal tipo di veicolo che si guida nel momento in cui si viene colpiti da un provvedimento prefettizio così dirompente in considerazione dell’importanza degli spostamenti in una società che ha raggiunto livelli di sviluppo tecnologico incontrovertibili.

                    

Come suggerito dall’articolo 73 del Codice della strada, i veicoli alla guida dei quali ci si può trovare non sono tutti uguali dinanzi alla Legge.

Nel presente articolo si è voluto incentrare il focus sui “veicoli a motore a due o tre ruote”, poiché rappresenta una realtà diffusissima nel grande teatro delle strade urbane soprattutto.

Secondo la Corte di Cassazione italiana la nozione di “motoveicolo” riportata nell’articolo 73 del Decreto in commento non è onnicomprensiva. Non ricomprende, quindi, tutti i tipi mezzi a motore a due ruote. Dire “motoveicolo” allora non è come dire “ciclomotore” difronte alla Legge. Sembra incredibile ma è proprio così!

Nella legge, in questo caso il Codice della Strada, le norme danno delle definizioni non casuali. Per questo possiamo considerare le norme definitorie una miniera importantissima per l’individuazione delle categorie di cose o fenomeni giuridici da regolamentare.

Per fare alcuni esempi:

  • il Decreto Legislativo n. 285 del 1992, art. 46, comma 1, Codice della Strada, come modificato dalla Legge n. 120 del 2010, che per “veicoli” intende “tutte le macchine di qualsiasi specie, che circolano sulle strade e guidate dall’uomo”.

Ma come si vede siamo ancora nel generico nella formula riferita poc’anzi.

  • Ci sono, infatti, definizioni più precise come quella dell’articolo 47 del Decreto Legislativo sopra menzionato, che classifica i veicoli come: veicolo a braccia; veicoli a trazione animale; velocipedi; slitte; ciclomotori; motoveicoli; autoveicoli; filoveicoli; rimorchi; macchine agricole; macchine operatrici; e veicoli con caratteristiche atipiche.

Evidentemente, tale elenco individua, fra gli altri, il “motoveicolo” e il “ciclomotore” come sottocategorie distinte.

  • L’articolo 52, lett. a) e b) del Decreto Legislativo in commento opera una ulteriore specificazione, definendo i ciclomotori come “veicoli a motore a due o tre ruote”, i quali abbiano:
  1. a) un motore di cilindrata non superiore a 50 cavalli se termico;
  2. e lett. b) una capacità di sviluppare su una strada orizzontale una velocità fino a 45 km/h.

                    

Ma le definizioni si diramano ulteriormente con riferimento ai “motoveicoli” e ai “veicoli a motore con due, tre o quattro ruote”.

 

  • L’articolo 53 dello stesso Decreto Legislativo li distingue in:
  1. motocicli” che condividono con i ciclomotori il fatto di essere l’unico motoveicolo a due ruote;
  2. purché destinati al trasporto di persone in numero non superiore a due, conducente compreso.

Nessun cambiamento sostanziale alla suesposta illustrazione hanno apportato le integrazioni normative del Decreto Ministeriale del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti italiano del 31 Gennaio 2003, commi 2 e 3, relativo alla omologazione dei veicoli a motore a due o tre ruote, pubblicato nel Supplemento Ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 123 del 29 Maggio 2003 ed emanato per recepire la Direttiva Europea n. 2002/24/CE del 18 Marzo 2002.

                    

 Ciclomotori Vs motocicli.

 

Quindi se parliamo di “ciclomotori”, per la Legge e per la Corte Suprema, le caratteristiche tecniche di cui al suddetto articolo 52, lettera a) sono:

  1. categoria L1e (ciclomotori classificati come veicoli a due ruote):
  • se a combustione interna: con un motore la cui cilindrata è inferiore o uguale a 50 cm/3;
  • se elettrico: con un motore di potenza nominale continua massima inferiore o uguale a 4 kW.
  1. categoria L2e (veicoli a tre ruote aventi una velocità massima per costruzione non superiore a 45 km/h):
  • se ad accensione comandata: con un motore di cilindrata inferiore o uguale a 50 cm/3;
  • se a combustione interna: con un motore la cui potenza massima netta è inferiore o uguale a 4 kW;
  • se elettrico: con un motore di potenza nominale continua massima inferiore o uguale a 4kW.

Per quanto attiene ai “motocicli”, ai sensi dell’articolo 52, lettera b), le caratteristiche tecniche sono:

  1. categoria L3e (motocicli a due ruote senza carrozzetta);
  2. categoria L4e (motocicli a due ruote con carrozzetta);
  • se a combustione interna: per entrambe le ultime due categorie, muniti di un motore con cilindrata superiore a 50 cm3 e/o aventi una velocità massima per costruzione superiore a 45 km/h.

Fatte le specificazioni di cui sopra possiamo meglio intendere che la diversa categoria di veicolo alla cui guida ci si mette può fare la differenza tra revoca della patente o meno.

Oltre a questo una influenza viene indubbiamente esercitata dalla disciplina in vigore al momento in cui si è conseguita la patente. Parliamo quindi ora del primo spartiacque temporale ricadente nel 2013.

                    

Fino al 19 Gennaio 2013 vigeva la disciplina dell’abilitazione alla guida stabilita dal Decreto Legislativo n. 285 del 1992.

 

Gli articoli 116 e 121 di detto Decreto stabilivano che non si potevano guidare autoveicoli e moto veicoli (compresi i ciclomotori) senza aver conseguito la patente di guida e l’idoneità tecnica necessaria al rilascio della stessa; con il superamento di una prova di verifica delle capacità e dei comportamenti; e una prova di controllo delle relative cognizioni.

Un ciclomotore poteva essere guidato da un minorenne con un certificato di idoneità, a seguito di uno specifico corso organizzato secondo modalità prestabilite dall’articolo 11-bis e senza conseguenze sanzionatorie in caso di guida di ciclomotore fino a 50 cavalli senza il certificato di idoneità.

Al contrario, la responsabilità penale si configurava nel caso in cui il ciclomotore fosse stato modificato nella cilindrata o non fosse stato corrispondente alle caratteristiche di costruzione, nel qual caso era previsto l’obbligo di guida previo conseguimento della “patente di categoria A”.

Un assetto normativo questo or ora illustrato confermato dalle decisioni della Corte di Cassazione all’epoca (cfr. Corte di Cassazione, Sezione 4, n. 23631 del 19 Aprile 2012; e n. 255 del 18 Settembre 1997).

                    

Dal 19 Gennaio 2013 vige, invece, la disciplina di cui al Decreto Legislativo n. 59 del 2011.

 

Con l’introduzione di quest’ultimo decreto, l’articolo 116, comma 1, ha stabilito che  non si possono guidare senza patente di guida e senza le abilitazioni professionali, per quei casi in cui sono richieste, i seguenti mezzi:

  1. ciclomotori;
  2. motocicli;
  3. tricicli (mezzi a motore con tre ruote sopra citati);
  4. quadricicli (mezzi a motore con quattro ruote);
  5. e autoveicoli.

Il nuovo comma 3 dell’articolo 116 detto, poi, ha introdotto la novità di aver dato al gruppo di veicoli visti sopra una definizione tendenzialmente unitaria. Di conseguenza, per l’intero gruppo, comprensivo dei ciclomotori, è previsto l’obbligo di conseguire la patente di guida conforme al “Modello UE”.

Questo nuovo assetto, comunque, non ha potuto cancellare le differenze tecniche tra i diversi tipi di veicolo, per ovvie ragioni. Lo stesso dicasi con riferimento all’età dei conducenti che, insieme ai primi, rimangono elementi distintivi atti a determinare la diversa categoria di patente abilitante alla guida.

                   

I diversi tipi di patente di guida dei “ciclomotori“, adesso, sono previste nel modo seguente.

 

Per i ciclomotori a due ruote appartenenti alla “categoria L1e”:

  • ricorre l’obbligo di conseguire la “patente AM”, come previsto dall’articolo 116, comma 3, lettera a), n. 1, del Decreto Legislativo in commento, se:
  • con velocità massima di costruzione non superiore a 45 km/h, la cui cilindrata è inferiore o uguale a 50 cm3, se a combustione interna, oppure;
  • nel caso dei motori elettrici, se la potenza nominale continua massima è inferiore o uguale a 4 kW;
  • ricorre l’obbligo di conseguire la “patente AL”, come previsto dall’articolo 116, comma 3, lett. b), n. 1, del Decreto medesimo, se:
  • i motocicli sono di cilindrata massima di 125 cm3, di potenza massima di 11 kW e avanti un rapporto potenza/peso nono superiore a 0,1 kW/kg;
  • ricorre l’obbligo di conseguire la “patente A2”, come previsto dall’articolo 116, comme 3, lett. c), se:
  • i motocicli di potenza non superiore a 35 kW con un rapporto potenza/peso non superiore a 0,2 kW/kg e che non derivino da una versione che sviluppa oltre il doppio della potenza massima.

Per i ciclomotori a due ruote appartenenti alla “categoria L3e”, senza carrozzetta, oppure “categoria L4e”, con carrozzetta, infine:

  • ricorre l’obbligo di conseguire la “patente A”, come previsto dall’articolo 116, comma 3, lett. d), se:
  • tali veicoli sono muniti di un motore con cilindrata superiore a 50 cm3, con combustione interna, ovvero;
  • aventi una velocità massima per costruzione superiore a 45 km/h, se elettici.

                    

Anche a seguito delle illustrate innovazioni della norma, la guida di un “ciclomotore” senza patente o dopo che la patente sia stata negata, sospesa o revocata non integra una fattispecie di reato.

Anche oggi, dunque, il suddetto reato di cui all’articolo 73 del Decreto Legislativo n. 159 del 2011 non viene commesso, ancorché si tratti di soggetto sottoposto alla misura di prevenzione in via definitiva.

Se trattasi di “ciclomotore” con le caratteristiche tecniche ricordate innanzi, infatti, non ricorre il reato suddetto con la pena dell’arresto che può oscillare tra sei mesi e tre anni, in quanto il ciclomotore resta fuori dalla categoria dei “motoveicoli” di cui alla fattispecie descritta dalla legge.

L’impianto di questa normativa si basa sulla struttura del previgente “Testo Unico sulla circolazione stradale” che già concepiva la nozione tecnico-giuridica di “ciclomotore”, contemplato dagli articoli 21, 24 e 25 del Decreto del Presidente della Repubblica italiana n. 393 del 1959.

E prevedeva solo per i motoveicoli l’obbligo di possedere il documento necessario alla corrispondente guida, mentre per i ciclomotori era sufficiente esibire un documento che dimostrasse l’età del conducente.

                    

Il suesposto percorso interpretativo risulta confermato finora dalle pronunce della Corte di Cassazione italiana.

La Corte di Cassazione ha evidenziato i presupposti oggettivi alla base di una scelta legislativa volta a escludere dalla sanzione penale il conducente di un ciclomotore e che, invece, scaturisce al ricorrere di questi presupposti oggettivi, che sono:

  1. la definitività del provvedimento di prevenzione;
  2. la guida di un motoveicolo (che sia normativamente distinta da quella di ciclomotore);
  3. la mancanza di patente abilitante alla corrispondente guida.

Nell’articolo 73, del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, difatti, si può osservare una mera ricognizione delle norme già vigenti in materia di misure di prevenzione non ha fatto altro che riprodurre la stessa norma di legge sul sistema sanzionatorio di cui all’articolo 6 della Legge n. 575 del 1965.

Se, al contrario, il legislatore del Decreto Legislativo n. 159 del 2011 avesse voluto estendere la punibilità della condotta sanzionata dall’articolo 73, in epigrafe al presente articolo, anche ai conducenti di ciclomotori avrebbe dovuto modificare i dati strutturali della fattispecie incriminatrice ma così non è stato.

In altri termini, anche se a far data dal 19 Gennaio 2013 sono necessari i requisiti minimi della “categoria AM”, osservata sopra, anche per la guida di ciclomotori questo non muta il raggio di applicazione dell’articolo 73 del Decreto Legislativo n. 159 del 2011 con particolare riferimento alla sanzione penale per la guida senza patente di motoveicoli in costanza di provvedimento definitivo della misura di prevenzione personale.

Una interpretazione contraria rappresenterebbe una forzatura al divieto insuperabile di interpretazione “in peius“ in materia penale previsto dall’articolo 1 del Codice Penale, dall’articolo 14 delle Preleggi e dall’articolo 25 della Costituzione.

Per converso, nemmeno la depenalizzazione del reato di guida senza patente prevista dall’articolo 116 del Codice della Strada, dopo l’introduzione del Decreto Legislativo n. 8 del 2016, si estende al reato di guida senza patente di persona sottoposta a misura di prevenzione descritto dall’articolo 73 in esame, articolo, quest’ultimo, che prevede una autonoma fattispecie di reato, oltre a non riguardare i ciclomotori come spiegato innanzi (cfr. a tal proposito, Cote di Cassazione, Sezione 6, n. 8223 del 12 Dicembre 2017).

                    

Come comportarsi in caso di revoca della patente di guida?

Vi sono diverse attività che possono essere tentate allo scopo di scongiurare la revoca della patente.

Il primo di questi rimedi è il meno costoso. Il cosiddetto ricorso gerarchico al Ministero dell’Interno che va presentato entro trenta giorni perentori dalla notificazione del Decreto con cui la Prefettura ci comunica la spiacevole notizia che la patente di guida è stata revocata con relativo divieto di conseguire nuovamente lo stesso titolo. Vediamo di che cosa si tratta.

E’ un “ricorso amministrativo” che la legge (Decreto del Presidente della Repubblica italiana n. 1199/1971) consente al cittadino nel caso in cui vi siano i presupposti per contestare il provvedimento prefettizio sanzionatorio. Si chiama gerarchico perché vi è un rapporto gerarchico tra l’organo che ha emesso il provvedimento ed un altro organo superiore.

E’ ammesso solo contro un provvedimento amministrativo non definitivo. Quest’atto diventerà definitivo dopo che sia scaduto il termine di impugnazione detto sopra.

Questo ricorso è anche facoltativo, nel senso che può essere evitato e rivolgersi direttamente alla Autorità Giudiziaria entro il termine perentorio, questa volta, di sessanta giorni dalla data della notificazione dell’atto prefettizio.

Da notare che, mentre con il ricorso gerarchico si può lamentare la violazione di un interesse sostanziale esprimente un “interesse legittimo” o un “diritto soggettivo“, con il “ricorso giurisdizionale”, la cui competenza spetta al Tribunale Ordinario (come sancito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione italiana con la Sentenza n. 06 Febbraio 2006, n. 2446), si può lamentare soltanto la violazione dei diritti soggettivi. Mentre gli interessi legittimi si difendono dinanzi al T.A.R.. Salvo, comunque, il potere del Tribunale Ordinario di disapplicazione di un Provvedimento amministrativo illegittimo.

                    

Per il ricorso gerarchico non è necessaria la rappresentanza di un avvocato. Come si scrive il ricorso?

Mentre per il ricorso al Tribunale Ordinario (nella sua competenza di giudice dei diritti soggettivi) è obbligatoria la rappresentanza in giudizio con il Patrocinio di un difensore, per promuovere un ricorso amministrativo gerarchico non è obbligatirio conferire mandato ad un legale.

Per tale motivo si è scelto di allegare al presente articolo alcuni modelli di ricorso gerarchico che possono essere utili per la redazione autonoma dell’impugnazione da rivolgere al Ministero competente  nel caso specifico di revoca della patente di guida, per la guida di qualsiasi tipo di mezzo, seguendo attentamente le istruzioni ivi contenute. Tali modelli possono variare come segue:

1) Ricorso gerarchico per motivi di legittimità:

 

Sblocca il modello del ricorso n. 1, cliccando qui:

https://www.lexub.com/d/ricorso-gerarchico-avverso-il-provvedimento-prefet…-2492#/

2) Ricorso gerarchico per motivi di merito:

 

Sblocca il modello del ricorso n. 2, cliccando qui:

https://www.lexub.com/d/ricorso-gerarchico-avverso-il-provvedimento-prefet…-2493#/

3) Ricorso gerarchico con richiesta di riforma del provvedimento impugnato e di sospensione cautelare.

 

Nel caso in cui vi siano sia motivi di legittimità che di merito che si vogliono dedurre questi possono confluire in un unico ricorso, come nel modello che segue:

Sblocca il modello del ricorso n. 3, cliccando qui:

https://www.lexub.com/d/ricorso-gerarchico-avverso-il-provvedimento-prefet…-2494#/

  • In caso di necessità nella compilazione del ricorso è possibile chiedere una consulenza telefonica mettendosi in contatto con lo scrivente Studio Legale tramite uno dei recapiti presenti alla sezione “contatti” della home page di questo sito, dopo aver completato il “download” del modello di ricorso attraverso i link qui sopra ed il pagamento online attraverso la piattaforma.

                    

Che cosa succede se la patente viene comunque revocata?

 

Nel caso in cui la patente di guida venga revocata per la scadenza del termini di impugnazione o di rigetto del ricorso promosso nei due modi esposti al paragrafo che precede si aprono diversi palcoscenici che vedono la revoca associata all’impossibilità di conseguire un altro titolo abilitativo alla guida (con le modalità prevista caso per caso che sfoci nel superamento di un nuovo esame). In altri termini si aprono delle finestre temporali per la durata della revoca e del divieto di conseguirne una nuova, come segue:

  1. A) tre anni a partire dall’accertamento del reato se la revoca è stata disposta per guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti, previsti dagli articoli 186, 186-bis e 187 del Codice della strada;
  2. B) tre anni dalla notificazione del provvedimento di revoca prefettizio, ai sensi dell’articolo 120, comma 2, Codice della strada, se è stata disposta a seguito dell’adozione di misure di sicurezza personali, come nel caso trattato innanzi, o misure di prevenzione e altri divieti previsti a seguito della violazione del Codice della strada;
  3. C) due anni dalla definitività del provvedimento di revoca quando la revoca è inflitta come sanzione amministrativa accessoria ad altra comminata per la violazione del Codice della strada, ai sensi dell’articolo 219, comma 3-bis (periodo soppresso dal Decreto Legislativo 18 Aprile 2011 n. 59).

Trascorsi i suddetti termini il divieto al conseguimento di una nuova abilitazione alla guida non può protrarsi e in caso di diniego di rilascio del nuovo titolo da parte dell’Amministrazione l’interessato può ben promuovere impugnazione del diniego davanti al giudice competente.

                    

Questo articolo è stato pubblicato da “Italynlaw” Studio Legale.

Figura 15: Patente di guida di “Super Mario”.

Fonte: “Porto Recanati”, sito di informazione locale.

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