Residenza in uno Stato di “Common Law” del testatore o degli eredi.
La parole hanno spesso significati diversi secondo che siano usate nel linguaggio comune e nel linguaggio giuridico.
La parola successione nel linguaggio comune indica il susseguirsi nel tempo di determinati fatti o eventi.
Nel significato tecnico-giuridico, invece, il termine successione indica e specifica il subentrare di un soggetto, che si chiama successore o avente causa, a un altro, che si chiama autore o dante causa, in una certa situazione giuridica.
La nozione di successione.
Sembra semplice all’apparenza, poiché lascia pensare che una situazione giuridica resti immutata quando i soggetti a cui attiene, invece, cambino.
In realtà, il suo significato passa attraverso una interpretazione più complicata.
Basta, infatti, che cambi un singolo elemento di questa situazione, anche se relativo soltanto a un soggetto, perché la situazione giuridica sia astrattamente diversa.
Sul piano pratico la situazione è identica: il che val quanto dire che il successore si trova nella medesima situazione concreta in cui si trovava l’autore.
In alcune situazioni giuridiche successorie, inoltre, il soggetto non ha alcun ruolo. Si tratta di alcuni casi in cui la situazione giuridica non fa capo ad alcun soggetto.
Alcune fattispecie prive di titolare sono anche previste dalla legge.
Ad esempio:
- nel caso dell’eredità giacente in senso lato, nell’ambito della quale possono indicarsi diversi momenti che la legge considera con precisione, come quello in cui contempla i poteri del chiamato all’eredità prima che questi la accetti, di cui all’art. 460 del Codice Civile;
- quello in cui parla dell’amministrazione dell’eredità sospensivamente condizionata o destinata ai nascituri, di cui agli artt. 641 e 643 del Codice Civile;
- o le situazioni giuridiche relative all’eredità giacente in senso stretto, di cui agli artt. 528 e seguenti del Codice Civile.
La successione, dunque, non è né una vicenda estintiva né costitutiva di situazioni giuridiche, ma crea soltanto un mutamento sul piano soggettivo di uno o più rapporti giuridici che dalla successione scaturiscono.
Al mutamento soggettivo dei diritti derivanti dall’eredità consegue che:
- per effetto di successione si ha il subentro di soggetto diverso nella medesima posizione giuridica di altro soggetto.
Tuttavia, non si realizza lo stesso effetto in quelle vicende in cui un soggetto è legittimato a sostituirsi soltanto nell’esercizio di un singolo diritto senza diventarne il titolare.
E’ il caso, ad esempio, dell’esercizio di un diritto in via surrogatoria da parte di un creditore che si sia adoperato per farsi legittimare a ciò, come previsto dall’art. 2900 del Codice Civile.
Si può trarre adesso una prima conclusione fondamentale per cui la successione è un modo di acquisto dei diritti a titolo derivativo.
Una tradizionale distinzione divide la successione in;
- quella tra vivi;
- quella “mortis causa”;
- quella a titolo particolare;
- e quella a titolo universale.
Nelle prime due categorie rientrano, rispettivamente, quelle che prescindono o meno dalla morte del soggetto dal quale il rapporto è derivato.
La successione a causa di morte presuppone necessariamente l’evento morte.
La terza categoria riguarda il soggetto che subentra in un singolo diritto o in un certo rapporto, a titolo particolare.
Il soggetto che, invece, subentra a un altro nella totalità o in una quota ideale dei suoi rapporti patrimoniali considerati come una entità complessa, lo fa a titolo universale.
Fatte queste brevi premesse, si può ora prendere conoscenza dell’altro tradizionale faro interpretativo per comprendere i diritti ereditari.
La successione non va mai confusa con il trasferimento.
La successione è, infatti, più ampia e prescinde da un atto traslativo, come accade nella successione legittima, quella cioè di base normativa e non promanante da disposizioni testamentarie di ultima volontà.
Il trasferimento contempla solo il subentro di un soggetto nella posizione attiva.
La successione permette questo trasferimento:
- tanto in quella attiva (come nel caso della cessione di un credito, ad esempio);
- quanto in quella attiva e passiva insieme (come nel caso della successione a causa di morte);
- o solo passiva (come nei casi delle figure di subentro nel debito della delegazione, della espromissione e accollo privativi).
Possiamo finalmente capire in modo plastico che cosa s’intende per proprietà e che cosa per possesso.
Quest’ultimo, difatti, non può mai essere oggetto di trasferimento. Può essere, invece, oggetto di successione.
Anche nella legge troviamo conferma della differenza tra successione e trasferimento.
Leggendo l’art. 1146 del Codice Civile, infatti, si evince che il possesso “continua” nell’erede, mentre il successore a titolo particolare (che non è un erede) può soltanto “unire” il suo possesso a quello del suo autore.
Un altro indizio per capire se siamo nel campo della successione o in quello del trasferimento è quello dei rapporti giuridici in fase di formazione che possono essere compresi, insieme a quelli già costituiti, nella successione.
Ad esempio:
- l’erede può accettare una proposta di contratto non ancora concluso fatta dal “de cuius” se non perde efficacia, come previsto dagli artt. 1329, comma 2, e 1330 del Codice Civile;
- può accettare l’eredità che sarebbe spettata al “de cuius” a sua volta se l’avesse accettata, come prevede l’art. 479, comma 1, del Codice Civile;
- può ratificare un contratto compiuto in nome del “de cuius” da un rappresentante senza poteri, come previsto dall’art. 1399, comma 5, del Codice Civile.
Cose queste ultime non contemplabili come oggetto di un trasferimento.
Con il termine successione, inoltre, si presuppone sempre un acquisto a titolo derivativo. Non sempre, però, un acquisto presuppone una successione.
Si può avere, infatti, un acquisto, ma non una successione, a titolo originario.
Come nei casi corrispondenti alle fattispecie giuridiche della:
- occupazione;
- invenzione;
- accessione;
- unione e commistione;
- e dell’usucapione.
E’, del resto, tutt’oggi dibattuto che nel grande concetto di successione possa rientrare anche un rapporto del tutto nuovo da uno precedente e collegato.
Come nel caso in cui sia costituito un usufrutto, ex novo, da parte del pieno proprietario.
Questo accadrebbe in quanto insieme al più ampio diritto si trasferiscono anche le singole posizioni quali attribuzioni di poteri patrimoniali spettanti al pieno proprietario.
Approfondimento di Diritto Internazionale Privato su “Civil Law” e “Common Law” in tema di TESTAMENTO e QUOTA LEGITTIMA.
Sul piano compartivo si è voluto evidenziare in questo articolo quanto previsto dall’art. 46, comma 2, della Legge n. 218 del 1995.
Nel suo testamento il soggetto titolare dell’eredità può inserire anche disposizioni di natura non necessariamente patrimoniale.
Può sottoporre, ad esempio, l’intera successione alla legge dello Stato in cui risiede con dichiarazione espressa in forma testamentaria. Tale disposizione avrà effetto dopo la morte del dichiarante.
Ma che cosa succede nel caso in cui al momento della morte il “testatore” non risiede più in quello Stato?
La risposta è che la scelta fatta in quel testamento non è più valida.
Tali scelte non sono di poco conto ove si pensi alla diversità dei principi che informano i sistemi di “Civil Law” e di “Common Law”.
Tradizionalmente, nel primo sistema giuridico i principi propendono per la tutela della “solidarietà familiare“.
Nel secondo si considera preponderante l’esigenza di rispettare la volontà del testatore (con importanti conseguenze per i diritti degli eredi legittimari).
Si può supporre che il cittadino di uno Stato di “Civil Law”, come ad esempio l’Italia, risiede in uno Stato di “Common Law”, come ad esempio gli Stati Uniti d’America.
Nel caso in cui escluda i propri eredi dalle attribuzioni testamentarie, questi ultimi non potrebbero godere delle garanzie predisposte dall’ordinamento italiano.
Le conseguenza sarebbero inevitabili in ordine alla quota di eredità che la legge riserva agli eredi legittimari, purché vi risieda al momento della sua morte dopo la quale può essere letto il suo testamento.
Come si possono mitigare i possibili effetti negativi che una disposizione testamentaria negativa arrecherebbe agli eredi interessati da un simile testamento?
Il legislatore italiano ha previsto che se gli eredi esclusi dalle dichiarazioni testamentarie discusse nel presente articolo sono residenti in Italia saranno applicabili per loro le leggi italiane.
Occorre, pertanto, tenere in considerazione il luogo di residenza dei legittimari di questo testatore.
Se cittadini italiani al momento della morte del primo, diverrebbero inefficaci le disposizioni che ledessero la loro quota di riserva.
Non sono mancate critiche da parte di chi considera superabile il sistema che prevede la tutela della solidarietà familiare.
E’ oggetto di critica l’intento di tutelare indistintamente la quota di riserva anche di quegli eredi immeritevoli di tale tutela.
Immeritevole, ad esempio, come quell’erede che non si è preso cura del testatore.
Non meritevole come l’erede che abbia avuto atteggiamenti violenti nei confronti del testatore.
Una disciplina, questa, evidentemente volta a non fornire tutela giuridica agli eredi mostratisi sprezzanti proprio di quegli stessi valori ispirati alla “solidarietà familiare”.
Si profilerebbe, quindi, la validità della diseredazione testamentaria per lo meno in circostanze in cui la solidarietà familiare non sia reciproca.
La circostanza or ora accennata, tuttavia, non risulta contemplata come una causa di indegnità in quelle poche clausole tassative indicate dalla legge italiana.
A parere di chi scrive, tale critica è costretta a confrontarsi con la volontà del legislatore di limitare le cause di indegnità ai casi estremi.
Anche per un fatto culturale, trattandosi di norme di natura morale, la solidarietà familiare è un concetto mutevole nel tempo.
Il principio in parola dovrebbe essere, di volta in volta, ponderato tenendo conto delle motivazioni soggettive.
Un vaglio fattuale delle motivazioni possibili implicherebbe la considerazione del fatto che i comportamenti sprezzanti del valore in questione possono vedere protagonisti tanto gli eredi quanto i danti causa.
Altro problema connesso a quello trattato innanzi riguarda l’istituto della “quota legittima” nel sistema successorio.
Esso garantisce agli eredi (dell’autore) di ottenere una quota stabilita dalla legge nel sistema giuridico di “Civil Law”.
L’intangibilità della legittima non è condiviso da tutti i Paesi sviluppati, come nei Paesi dell’area giuridica anglosassone.
Qui, gli ordinamenti, come accennato sopra, valorizzano maggiormente l’opposto principio della “assoluta libertà” di ciascuno di disporre del proprio patrimonio dopo la sua morte.
La complessità del problema della quota legittima, tuttavia, ha reso questo tradizionale orientamento soggetto a discussioni e critiche che hanno portato anche tale principio a subire alcune deroghe.
Nel Regno Unito, ad esempio, si sono avute delle norme che tendono a mitigare la rigidità di queste norme sulla libertà di disporre del testatore, introducendo il potere discrezionale del giudice.
Quest’ultimo può senza dubbio disporre provvedimenti patrimoniali. Il provvedimento giudiziale è di natura eccezionale in questi casi.
Può aversi a favore del coniuge del defunto per rispondere a esigenze di mantenimento, in applicazione di quanto stabilito dal “Inheritance Provision for Family and Dependants Act” del 1975.
Tale norma, tuttavia, non tratta della quota legittima vera e propria, in quanto la quota di riserva non è stabilita dalla legge, trattandosi piuttosto di un ammontare economico stabilito dal giudice.
Figura 11: fregio su facciata di palazzo in Roma.
Fonte: “Italynlaw“.